Chiesa di San Pietro in Valle

Via Nolfi, di fronte via S. Francesco.
Esempio di stile Barocco.

Così denominata perché sorgente presso l’'antico dislivello (ad vallum) fra la città romana e il litorale adriatico, occupa l’'area di una chiesa medioevale dedicata allo stesso santo.

Nella struttura attuale fu voluta dai Padri Filippini della Congregazione dell’'Oratorio, su disegno dell'’architetto Giovanni Battista Cavagna (dopo il 1608).

La consacrazione della chiesa, priva ancora delle ornamentazioni, ebbe luogo nel 1617 ed è quindi certo che altro architetto dovette subentrare al Cavagna morto nel 1613 (forse Girolamo Rainaldi impegnato allora in Fano nei lavori del porto-canale).

La cupola, nel suo severo aspetto di alto tiburio ottagono, fu comunque portata a termine solo nel 1696 ad opera dell’architetto Girolamo Caccia.

Con la nuda facciata, rimasta priva del previsto rivestimento, fa contrasto l’interno (a navata unica con volta a botte e sei cappelle laterali internate), ricchissimo di ori, stucchi, marmi e pitture: certamente uno degli esempi più cospicui di arte barocca in terra marchigiana.

Primi ad operare per l’'ornamentazione della chiesa furono tra il 1618 e il 1620 lo stuccatore romano Pietro Solari e il pittore urbinate Antonio Viviani detto il Sordo. Di quest’'ultimo sono i grandi affreschi che ornano le volte della navata e del presbiterio (Incontro di S. Pietro e S. Paolo, Crocifissione di S. Pietro, S. Pietro in Gloria, Evasione di S. Pietro, Caduta di Simon Mago e Cristo camminante sulle acque), come pure quelli ai lati del finestrone di facciata (Apparizione del “Quo vadis” e Sbarco di S. Paolo in Malta). Sono sue anche l’'Annunciazione che sovrasta la parete dell’'altare maggiore e le due tele laterali della cappella dedicata a S. Paolo (Caduta di S. Paolo e Decollazione di S. Paolo): cappella che è la terza sulla sinistra ed ha sull’'altare un pregevole S. Paolo che resuscita Eutichio del bolognese Lorenzo Garbieri.

Sia questi che tutti gli altri dipinti della chiesa sono la testimonianza di un incrociarsi di tradizione e novità dovuto alle differenze emergenti tra i variegati linguaggi della provincia pittorica marchigiana e quelli delle grandi tradizioni culturali romana e bolognese.

Si passa pertanto dalla soavissima Annunciazione di Guido Reni (1621) della prima cappella sulla sinistra, alla luminosa Vergine che appare a S. Filippo Neri di Luigi Garzi (1699) della prima cappella a destra. Tra i due estremi sono da inserire tutte le altre tele: quelle del baroccesco Alessandro Vitali nella terza cappella sulla destra (Crocifissione e Deposizione), poste ai lati del bel Crocifisso ligneo del padovano Pietro Liberi, e quelle del pesarese Gian Giacomo Pandolfi nella seconda cappella (Natività di S. Giovanni Battista e Decollazione di S. Giovanni Battista, poste un tempo ai lati del bel S. Giovanni al fonte del Guercino (1661), asportato in epoca napoleonica (1797) e sostituito con la Natività di San Giovanni Battista che Sebastiano Ceccarini aveva eseguito in coppia con il S. Giovanni che predica alle turbe oggi sull'’altare della sagrestia (1782).

Firmato e datato 1631 è il realistico Sogno di S. Giuseppe del forsempronese Gian Francesco Guerrieri (prima cappella sulla sinistra che ha anche una Fuga in Egitto del fanese Francesco Gabuzio), pittore di cui sono anche le tre splendide tele caravaggesco-gentileschiane della seconda cappella (Visione di S. Carlo Borromeo, S. Carlo Borromeo ricevuto dai coniugi Petrucci e S. Carlo Borromeo che risana un bimbo cieco).

Quanto al cappellone absidale, dopo l’'asportazione (sempre in epoca napoleonica) della stupenda Consegna delle chiavi di Guido Reni (1626), sostituita con una buona copia di Carlo Magini, restano a testimonianza della politica culturale dei filippini fanesi il bellissimo S. Pietro che guarisce lo storpio di Simone Cantarini e il S. Pietro che resuscita Tabita del guercinesco Matteo Loves.

Degno di menzione anche l’'artistico Busto di S. Pietro sul pilastro sinistro del transetto la cui testa bronzea, risalente al secolo XVI, fu donata alla chiesa da Guido Nolfi.

A completamento della descrizione va aggiunto che la fastosa decorazione della cupola fu eseguita dal pittore e plasticatore bolognese Lauro Buonaguardia nel biennio 1699-1700, mentre le ornamentazioni delle due cantorie ai lati del transetto, insieme con i vari angeli svolazzanti e musicanti e con i due pregevoli Angeli marmorei ai lati dell’'altar maggiore, furono realizzate dal comasco Giorgio Ferretti nel 1710.

Usciti dalla chiesa, si prende la via che ne segue il fianco destro e su cui si affaccia il Palazzo Castracane, caratterizzato dall’'imponente portale cinquecentesco a grandi bugne che dà accesso ad un graziosissimo atrio a colonne aperto su un piccolo cortile. Al piano nobile il salone maggiore ha tutt’'attorno alle pareti un artistico fregio raffigurante le imprese di Castruccio Castracane degli Antelminelli: fregio attribuito da alcuni a Giuseppe Cesari (il Cavalier d’Arpino) da altri a Cristoforo Roncalli (Il Pomarancio), ma che potrebbe anche essere opera di un pittore locale operante nell’'ambito delle correnti manieristiche tardocinquecentesche. Di fronte al palazzo si apre il cortiletto chiuso da cancellata da cui si accede alla Biblioteca Federiciana.