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Roberta De Monticelli alla Me.Mo.

Ospite del terzo appuntamento della rassegna “Con le parole giuste” la filosofa Roberta De Monticelli che parlerà di Europa e precisamente de “La patria che rinuncia alle radici”.

Un tema complesso quello scelto per il terzo incontro, dalle numerose sfaccettature di ordine storico, antropologico, giuridico e politico sul quale ci interrogheremo insieme alla professoressa De Monticelli, titolare della Cattedra di filosofia della personalità della Facoltà di Filosofia, San Raffaele di Milano, giovedì 31 gennaio 2019, nel corso dell’incontro in programma alle ore 18.00 alla Mediateca Montanari.

La patria è l'ambito territoriale, tradizionale e culturale al quale si riferiscono le esperienze dell' individuo in quanto legato dall' appartenenza ad un popolo. Può darci una piccola anticipazione di ciò che dobbiamo aspettarci dall' incontro? La nostra patria intesa come Europa sta perdendo le sue radici?

L'Europa è la patria che rinuncia alle radici in quanto ha radici di carta e di pensiero, non di sangue e di etnia. Ha fondamenti universalmente accessibili, cioè accessibili alla ragione umana a prescindere dalla "cultura" di provenienza - perché accessibili all'esperienza umana. Come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del '48, così la Carta dei diritti dell'Unione Europea, la Carta di Nizza, assorbita poi dal Trattato di Lisbona, nasce dalla cognizione del dolore - i totalitarismi, la guerra. La cognizione del dolore è cognizione del valore - cognizione universalmente accessibile, a partire da qualunque cultura. E gli individui umani, le persone, non sono legati dall'appartenenza a un popolo, ma vincolati dalla logica e dall'etica - oppure diventano sub-umani, o post-umani.

Ricordo i sei valori che organizzano la Carta dei diritti dell'Unione Europea, la Carta di Nizza, assorbita poi dal Trattato di Lisbona: Dignità, Libertà, Eguaglianza, Solidarietà, Cittadinanza, Giustizia. Questi valori, le loro relazioni, i diritti e i doveri di cittadinanza che fondano sono costitutivi dell'Idea di Europa, cioè se vogliamo della tradizione umanistica e illuministica che fra la Grecia e la modernità in questo luogo del mondo si è espressa: se vogliamo, della migliore filosofia europea, che già con Kant arriva a concepire la trasformazione della selva geopolitica in una "federazione mondiale di repubbliche", soggetta al rule of law e non al gioco dei potenti. Ma è del tutto inessenziale che questa filosofia abbia trovato espressione ad Atene o a Koenigsberg, in greco o in tedesco o in francese o nell'italiano di Beccaria. Ciò che noi riconosciamo a questa nostra "tradizione" è precisamente di NON essere una tradizione ma un insieme di scoperte che ciascuno deve rifare ogni giorno, non una eredità passiva ma il frutto della veglia critica e della vita esaminata, non un sentito dire ma un verificato con i propri occhi e il proprio cuore. I nostri fondamenti non sono nel passato, ma nell'evidenza presente di giudizi come: una società che riconosce agli individui pari dignità è più giusta di una che li discrimina in base a razza, o religione, o genere - qualunque siano stati o siano i costumi del passato.

Vedere l'Europa come “la patria che rinuncia alle radici” è riassumere l'idea stessa che sta alla base della costruzione dell'Unione Europea come quella di una nuova "politeia" o costituzione politica, sognata dai filosofi e in certo modo delineata concretamente dal pensiero di Altiero Spinelli. Si tratta di una nuova costituzione o entità politica, che non si fonda sulle tradizioni etniche e culturali, ma sull'universalità dei valori di civiltà che questa politeia nasce per realizzare. Del resto le radici si addicono meglio agli alberi, che nascono in un luogo e lì muoiono, che a noi umani, animali viaggiatori.

E’ parere abbastanza diffuso, come si evince dal dibattito culturale in essere attualmente nel nostro Paese, che l'Occidente stia scomparendo “fagocitato” da popolazioni più giovani e prolifiche. Qual è la sua opinione in proposito?

Se l'Occidente “scompare” come realtà geopolitica è una cosa; se “scompare” come Idea d'Europa è tutta un'altra cosa. Ma appunto - e preferisco parlare di Europa piuttosto che di Occidente, dato che la peculiare fusione di civiltà liberaldemocratica e civiltà socialdemocratica è caratteristica europea e non genericamente occidentale - allora per Europa non deve affatto intendersi un continente, ma un'eccedenza. Dei valori sui fatti, del diritto sulla forza, delle norme sull'arbitrio. Insomma dell'idealità sulla Realpolitik. Purtroppo in Occidente come in Europa è da sempre vero il contrario, senza però - tranne che nei momenti più bui, e il momento presente rischia di essere uno di questi - che mai venga meno la coscienza che non dovrebbe. E' questa discrasia, questa sofferenza, questa inquietudine, la nostra eredità più preziosa. E' questa l'eredità che dobbiamo e possiamo trasmettere ai nostri figli e ai loro coetanei, a tutti quelli che ci rimpiazzeranno, qualunque sia il colore della loro pelle e il loro paese di provenienza. Ma trasmettere questa eredità è, semplicemente, indicare non se stessi, ma letteralmente chiunque abbia occhi per vedere e per piangere, cuore per sentire e parole per distinguere, o se vuole la coscienza di ognuno, come la sola fonte ultima di una civiltà democratica. Una democrazia è una civiltà fondata in ragione, cioè fondata sul nostro chiedere ragione: e quando dimentica di essere questo è pronta per il suicidio, cioè per ridursi al sistema del voto di scambio.

Roberta De Monticelli ha studiato alla Scuola normale superiore di Pisa e all'Università di Pisa, dove si è laureata nel 1976 con una tesi su Edmund Husserl. Si è specializzata alle Università di Bonn, Zurigo e alla Oxford University, dove è stata allieva di Michael Dummett e Raymond Klibansky (del Warburg Institute).

La sua tesi di dottorato è stata su Gottlob Frege e Ludwig Wittgenstein. Ha insegnato filosofia del linguaggio all'Università di Pisa, e alla Università degli Studi di Milano. Ha poi insegnato dal 1989 al 2004 Filosofia moderna e contemporanea all'Università di Ginevra, alla cattedra che fu di Jeanne Hersch, contribuendo a farla conoscere in Italia con numerosi interventi in riviste e prefazioni e curandone un'antologia in francese.

Sempre a Ginevra ha fondato la scuola dottorale interfacoltà "La personne: philosophie, épistémologie, éthique", insieme a medici, teologi e filosofi dediti all'etica, unendo nella stessa ricerca etica e ontologia, fenomenologia e storia della medicina ecc. ed è stata membro del "Comité pour les Rencontres Internationales de Genève" (1991-99).

Dal 2003 insegna Filosofia della persona all'Università Vita-Salute San Raffaele.

Dal 2009 è Direttrice di PERSONA (Research Centre in Phenomenology and Sciences of the Person), di cui è espressione aperta il Phenomenologylab. Dal 2011 è chief editor di Phenomenology and Mind, la rivista online di PERSONA.

È nella redazione del Philosophisches Jahrbuch der Görres-Gesellschaft; membro del comitato scientifico della collana filosofica "Etica e filosofia della persona" dell'editore Franco Angeli (Milano); collabora con le riviste Fenomenologia e società, Comprendre, aut-aut, Revue de Théologie et de Philosophie e con i quotidiani Il Sole 24 ORE, Il manifesto, e Il Fatto Quotidiano.

È membro del Consiglio di Presidenza di Libertà e Giustizia.

Nel 2012 ha ricevuto il Premio Art.3 "per il suo quotidiano impegno di testimone attivo ed autorevole dei valori civili e morali che spettano, senza compromessi, eccezioni o sospensioni, all'uomo".