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Candidatura Fano Capitale Italiana della Cultura 2021. Architetti dell’Umano

Contributo a cura di P. V.

Per coinvolgere la popolazione e proseguire il percorso partecipato di Orizzonte 2030 ritengo che per attualizzare l’antica eredità vitruviana e renderla al futuro, possa essere buona cosa inserire nel nostro PRG le note tre regole vitruviane del costruire, attualizzate, spingendo i tecnici progettisti che lo desiderino, a considerarle e ponderarne la loro adesione ad esse, non come fatto culturale ma anche come coscienza di crescita della popolazione. Popolazione alla quale debbono essere ri- offerte fattivamente le possibilità di partecipazione ai loro spazi educanti e produttivi, ripristinando le Circoscrizioni, pur se di numero ridotto, accorpandole se possibile. La cosiddetta cultura infatti non si può rivolgere a chi già sa ma a chi ne potrà trarre giovamento e crescita apportandovi di suo quanto in suo possesso di aristocrazia popolare, che sia poco o molto. Anche il contenuto alto del “Giuramento di Vitruvio” di Salvatore Settis, andrebbe inserito nel lavoro di rinnovamento della città e del suo PRG. Valori tutti che andrebbero partecipati a tutta la vallata del Metauro. I noti riscontri romani del sottosuolo dentro le mura, andrebbero indagati totalmente con le tecnologie per arrivare finalmente a poterli “leggere” per intero onde trovare il luogo fisico della Basilica, in quanto quella narrata, rinarrata e disegnata è ormai da secoli costitutiva della cultura internazionale. Esiste inoltre una importante opera di restauro e valorizzazione di una realizzazione ingegneresca, che è l’acquedotto augusteo vitruviano che dalle vene del Prelato parte, e che nutrì la città fino agli inizi del 1900. Occorre riavere almeno parte di quell’acqua antica che da sola sa rendere identità e coscienza civica, di concreta utilità a tutta la popolazione.

La città va inoltre considerata anche guardandola dal mare, proprio come la si vede dipinta a “volo d’uccello” in un quadro cinquecentesco della bottega dei Morganti , ora nel Museo civico.

L’archeologia di terra, dunque, andrebbe allargata a quella di mare, aprendo un centro di ricerca scientifico-tecnologico con quelle università interessate a quanto presente nei fondali. Per il loro recupero. Considerando che la caserma Paolini potrebbe diventare un idoneo luogo per depositare, pulire mediante restauro, catalogazione, onde e valorizzare ed esporre ogni cosa sia di terra che di mare rinvenuta. Occorre anche considerare che tale attività potrebbe diventare una opportunità alla professione di molti giovani.