Signoria dei Malatesti Secoli XIV-XV

Con la scomparsa violenta dei maggiori cittadini fanesi, i Malatesti trovarono dunque sgombra la via della podesteria prima e del dominio di Fano poi. Cesanello Del Cassero, catturato con inganni, veniva fatto decapitare da Pandolfo I (1321) e la stessa Venezia, bloccata dalle pressioni pontificie, evitava interventi a difesa dell’antica alleata.

Una speranza di liberazione si ebbe nel 1357 quando il cardinale Egidio d’Albornoz, sconfitto Galeotto I Malatesti a Paderno presso Ancona, convocò proprio a Fano quel Parlamento della Marca da cui uscirono promulgate le celebri ‘Constitutiones Aegidianae’; ma fu solo una illusione perché Galeotto, proprio in quella sede, si vide riconoscere il dominio della città, seppure con il semplice titolo di ‘vicario’.

Era la Signoria che sarebbe durata per centosette anni, concludendosi con il ritorno della città sotto la diretta dipendenza del pontefice romano solo nel 1463.

Centosette anni in cui i cittadini fanesi finirono con il condurre una vita piuttosto agitata, ma anche attiva e abbastanza prospera, favorita dalla presenza di una piccola corte che seppe dare impulso alle arti e alle lettere e che accrebbe, abbellì e fortificò la città con opere ancora oggi parzialmente conservate.

Risale a questo periodo quell’ampliamento del nucleo urbano (noto come ‘addizione malatestiana’) verso occidente e mezzogiorno e secondo un piano informato a razionali, seppur economicamente modesti, criteri urbanistici.

Nel 1385, morto Galeotto, gli succedette il figlio Pandolfo III che come capitano di ventura al servizio di Venezia e Milano riuscì anche a diventare signore di Bergamo e Brescia.

Alla sua morte (1427) gli succedettero per brevi periodi il fratello Carlo, signore di Rimini, e il figlio Galeotto Roberto il Beato che, ritiratosi in convento, lasciò la signoria al fratello Sigismondo Pandolfo le cui note imprese, nel bene come nel male, non hanno qui bisogno di essere illustrate.

Certo è che il nuovo signore, tutto preso dalle continue guerre e dal gran sogno rinascimentale del suo tempio riminese, finì per trascurare Fano: ciò a cui non mancò anche di contribuire la presenza del cuneo territoriale della signoria pesarese di Alessandro Sforza, succeduta a quella di Galeazzo Malatesti.

Un cuneo che Sigismondo avrebbe volentieri eliminato se non avesse trovato un avversario irriducibile come Federico da Montefeltro: lo stesso che nel 1463, dopo un lungo assedio, ebbe a sottrargli per sempre la signoria di Fano, apportatore non certo disinteressato della ‘libertas ecclesiastica’.